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FIAT 500B GIARDINIERA ..by L. De Dionigi

FIAT 500 GIARDINIERA
LE VOSTRE RECENSIONI“Modello rarissimo (Chi non ci crede si documenti su qualche rivista o sito di “Veterane”: ammesso se ne trovino ancora, vedrà che prezzi) infatti, poco dopo averne avviato la produzione, la casa varò il nuovo modello 500 C; la vettura ha tuttavia interesse storico/commerciale in quanto fu la prima “quattro (???) posti” economica proposta da Mamma Fiat nell’immediato dopoguerra.

Esterno
Molto caratteristica (e quasi trendy per l’epoca) la carrozzeria, parte in lamiera e parte in legno: infatti le due portiere, i tamponamenti contigui e la portiera posteriore (portiera, non portellone, essendo incernierata di lato) erano costituiti da un’intelaiatura a listelli lignei con pannelli in qualcosa che somigliava alla Faesite, anche se Wikipedia parla di Masonite. Morale: in caso di collisioni poteva non bastare il solo carrozziere, ma ci si doveva rivolgere anche a un abile falegname. D’altronde va specificato che era ben difficile ammaccare seriamente i lamierati per tre motivi:
- le prestazioni della vettura (la velocità di crociera s’aggirava sui 60 km/h in assenza di traffico, con vento in poppa e su percorso eminentemente pianeggiante; inoltre, dopo la guerricciola che aveva coinvolto un po’ il paese, non si potevano pretendere fondi stradali che consentissero velocità granché superiori);
- la densità di traffico (forse inferiore a quella del Burundi d’oggigiorno);
- lo spessore delle lamiere (probabilmente recuperate grazie agli incentivi sulla rottamazione di “panzer” utilizzati nella guerra summenzionata o alla demolizione della corazzata “Littorio”).
Il tetto apribile era di serie, con cappotta in tela presumibilmente ricavata da tende del Regio Esercito sopravvissute alla battaglia di El Alamein; si ritiene che l’impermeabilità non fosse compresa tra le garanzie, in ogni caso i soliti maligni mormoravano che, con pioggia battente, fosse preferibile sostare in qualche sottopasso. Per accedere alla meccanica c’era un cofano anteriore (che, agendo su due galletti laterali, si ribaltava in avanti e si poteva anche asportare sì da agevolare la manutenzione) nonché, più sopra, verso il parabrezza, due griglie apribili: alzando quella di destra si accedeva al tappo del serbatoio, quella di sinistra si poteva alzare ma non è chiaro a che diavolo servisse; forse l’avevano fatta apribile per motivi di simmetria. Un dettaglio: nella parte bassa del “musone” c’era il foro per la manovella d’avviamento manuale; incredibile a dirsi, talvolta l’operazione riusciva! I parafanghi erano scorporati dal volume anteriore e i fanali erano scorporati dai parafanghi (vi vennero incorporati nella successiva 500 C); dettaglio: un foro, chiuso da un tappino rosso trasparente, collegava le parabole con la parte alta del fanale, in questo modo, quando il guidatore vedeva il tappino illuminato, sapeva che i fanali erano accesi e Mamma Fiat risparmiava l’apposita spia verde (presente nella successiva 500 C).
Posteriormente (al centro della portella) un unico fanalino incorporava una luce rossa di posizione, una luce gialla di stop e l’illuminazione targa; quindi niente luci di posizione ai lati, con gravi problemi per chi seguiva tale tipo di vettura nelle notti buie e nebbiose, che inevitabilmente si chiedeva: “Ma chi cazzo ho davanti? Un’auto o una moto?”. Le “frecce” erano due astine in celluloide arancione, con lampadina incorporata, collocate ai lati del parabrezza, che fuoriuscivano dalla loro sede, a destra o a sinistra, se il guidatore aveva la forza di ruotare l’apposita chiavetta. I vetri laterali erano scorrevoli con blocco a pulsante; questo aveva il deplorevole vizio di autosmontarsi per cui, se il guidatore si fermava in corrispondenza d’un tombino era quasi fatale che pulsante, molletta, rondelle e quant’altro ci finissero dentro.

Interni
Il sedile di guida e quello del passeggero erano caratterizzati da una seduta d’altezza adeguata a una Formula 1: in pratica il sedere d’entrambi viaggiava a una spanna scarsa dalla carreggiata. Peccato che la linea di cintura fosse tanto alta che i conducenti di statura inferiore a 1.88 sembrassero cittadini diversamente abili. I sedili erano realizzati in un materiale marroncino che sarebbe sembrato skai se lo skai fosse stato già inventato: in pratica gelidi d’inverno e torridi d’estate; forse grazie a ciò cominciarono a diffondersi i famosi coprisedili in paglia di riso “China Export”. La leva del cambio, lunga poco meno d’un metro, era solidale con il complesso motore/frizione/cambio per cui, quando il guidatore dava gas, si spostava e, se il medesimo non era esperto, doveva sbirciare, con intuibili rischi, dove cazzo si fosse riposizionato il pomolo. La plancia, da cui fuoriusciva un minaccioso volantone (Servosterzo? Se è uno scherzo non mi fa ridere) era a pochi centimetri dal torace degli occupanti i posti anteriori e, inutile dirlo, in materiale contundente.
Strumentazione: un quadrante con tachimetro (fondo scala 110 km/h, ma si riusciva a superarlo!) e contakm totalizzatore a 5 cifre (chi riuscì a superare i 100.000 senza rifare il motore alzi la mano, se è ancora in vita); un altro quadrante con indicatore benzina (ad ago ballerino, visto che il galleggiante non era smorzato; la spia riserva s’accendeva all’interno dello “zero” che indicava serbatoio vuoto) e manometro olio, una figata che non serviva a un piffero; quindi niente termometro acqua, che invece sarebbe stato molto utile. Al centro del cruscotto il foro per la chiave di contatto (a chiodo) con relativa spia dinamo che s’accendeva inserendo a fondo la chiave stessa o in caso di guasto alla dinamo; ruotandola poi in senso orario s’accendevano in sequenza luci di posizione, mezzi fari e abbaglianti. C’erano poi tre pomolini a tirante: uno per l’avviamento, uno per lo starter e il terzo che comandava l’acceleratore a mano, utile quando il minimo non teneva ma ovviamente pericoloso da usare in marcia. A destra un quarto pomellino girevole azionava riscaldamento e sbrinamento; l’impianto (optional !!!) consisteva in uno sportello che regolava l’entrata nell’abitacolo dell’aria soffiata dalla ventola attraverso il radiatore (per lo meno si suppone che le cose funzionassero così, dato che il radiatore era dietro il motore, la ventola soffiava in direzione dell’abitacolo e che, ruotando il pomello, un inebriante aroma di benzina e olio bruciato deliziava l’olfatto dei viaggiatori). Sopra la chiave di contatto, a centro plancia, la terribile chiavetta in plastica per azionare le frecce, e qui è necessaria una precisazione: sulle vetture di fascia più alta, le due astine di cui sopra erano azionate da elettrocalamite, per cui bastava un semplice deviatore per farle uscire; invece sulla “Topolino” erano “tirate” da un cavetto tipo freno per bici. Orbene, visto che la chiavetta d’azionamento era alquanto minuscola, bisognava esercitare un notevole sforzo per ruotarla; si ritiene che, dopo un paio d’anni, il possessore riuscisse a svitare i bulloni della ruote semplicemente stringendoli tra pollice e indice. Inutile poi dire che la chiavetta si staccava dal perno, che il cavetto si rompeva... Viene da pensare che la diffusa, pessima abitudine italica di non azionare le frecce ebbe origine all’epoca. Completavano i comandi due piccoli switch: uno per illuminare gli strumenti e uno per il tergicristallo, a una velocità, con frequenza di cinque battute al minuto e “cantilena” del meccanismo alquanto ossessiva e soporifera. Nel sottoplancia due leve consentivano l’apertura, a scatto, di due sportellini laterali simmetrici per la ventilazione “dinamica” (ovviamente il ventilatore per l’abitacolo non esisteva). L’unico comando ancora attuale era la leva del freno a mano, correttamente posta tra i due sedili (peraltro non utilizzabile come freno d’emergenza, ché all’epoca non era previsto). Inutile forse precisare che gli occupanti il sedile anteriore infilavano, praticamente, le gambe sotto il serbatoio; del resto Mamma Fiat mantenne il serbatoio in questa posizione (che poneva seri grattacapi ai nostri bravi Angeli Custodi) anche sulla 600 e sulla Nuova 500 fino al 1973.
Passiamo alla panchetta posteriore (ma sarebbe più giusto denominarla strapuntino), che faceva della vettura una quattro posti... forse (mentre sulla berlinetta, dietro, si poteva sistemare al massimo un gatto non troppo in carne); ma, per capire meglio le cose, occorre una premessa tecnica. La vettura era a trazione posteriore, con ponte rigido e molle a balestra semiellittica, una meccanica molto ingombrante, quindi, con tunnel longitudinale e pianale rialzato d’almeno 20 cm rispetto ai posti anteriori. Perciò si ponevano due problemi: consentire, se possibile, a un adulto di non sfondare la capote con la testa al primo sobbalzo e di non viaggiare in posizione fetale, con le ginocchia ad altezza di naso. Il primo problema fu risolto adottando una seduta di spessore minimalista (5 cm o giù di lì) a molle elicoidali (tipo Permaflex, per capirci), il secondo ricavando, sul pavimento, due pozzetti in cui cacciare i piedi (manovra problematica per chi avesse misura superiore al 32 e non calzasse tipiche pianelle tirolesi in velluto nero con decorazione floreale). Per non creare sgradevoli discordanze stilistiche, lo schienale era di spessore ancor più ridotto rispetto a quello della seduta e imbottito (si fa per dire) con cascami di materiale risalente ai tempi dell’autarchia, roba tipo “Lanital” (almeno si presume). La panchetta si trovava giusto sopra l’assale posteriore e, considerate le sue caratteristiche, le strade dell’epoca e le sospensioni, la colonna vertebrale era sottoposta a un trattamento nient’affatto benefico; inoltre, data la posizione, la panchetta era compresa tra i due passaruota posteriori in lamiera verniciata, che occupavano 20 cm per parte e si capisce quindi perché, essendo la larghezza f.t. di 127,3 cm, non fosse molto adatta a culi troppo voluminosi, ma, si sa, dopo la guerra c’era poco da scialare anche per chi poteva permettersi una vettura.
Oggigiorno un sedile posteriore con simili caratteristiche si definirebbe “riservato a un pubblico non adulto” (ed eroico) o “utilizzabile solo su brevissimi spostamenti”; eppure, all’epoca, se ne servivano, magari anche su lunghe tratte, due o perfino tre adulti normali, se non corpulenti. Come cazzo facessero a starci è una domanda cui tuttora non si sa dare una risposta conforme alle normali leggi della fisica e dell’anatomia. Dietro la panchetta si trovava il vano bagagli, un vero vano bagagli, il primo su un’utilitaria Fiat (!!!), anche se non molto più capiente d’un bauletto per moto, a meno di non stiparlo fino al soffitto, ma, ribaltando lo schienale della panchetta, una damigiana di vino e un po’ di patate (acquistate ovviamente a borsa nera) potevano trovarci posto. Va però segnalato che, all’epoca, nessuno si vergognava d’impilare sulla cosiddetta “imperiale” (il portabagagli sul tetto, per intenderci) montagne di masserizie protette alla bell’e meglio da teli mimetici svolazzanti e trattenute da vecchi nastri per tapparelle, una soluzione tanto fantozziana che perfino i (pochi) ladri snobbavano certe “prede”; quando poi non serviva, l’“imperiale” veniva smontata e riposta in qualche sgabuzzino; oggigiorno certa gente se ne vergognerebbe e anche per questo acquista vetture di dimensioni abnormi la cui volumetria è destinata a essere utilizzata un paio di volte l’anno, forse.

In marcia 
Dopo aver fatto accomodare eventuali compagni di viaggio sulla panchetta posteriore (ribaltando gli schienali anteriori), guidatore ed eventuale passeggero s’infilavano ai rispettivi posti con mosse da contorsionista tipo quelle per salire su una spyder inglese “old style”; tali manovre richiedevano non meno di 10’ (a patto che nessun occupante fosse afflitto da patologie osteo/articolari). Quindi, inserita a fondo la chiave di contatto, il guidatore tirava il pomello dello starter e, in sequenza, quello per l’avviamento (un po’ quel che si faceva nella vecchia “Nuova 500”, solo che in questa i comandi erano tra i due sedili per via del motore posteriore) e, non senza un’invocazione a san Cristoforo, il motore talvolta s’avviava. A questo punto s’innestava la prima e si poteva partire. Il cambio (caratterizzato – come detto sopra – da una leva di lunghezza spropositata, il cui posizionamento era piuttosto ondivago) aveva solo terza e quarta sincronizzate e, finché si trattava di “salire”, non c’erano soverchie difficoltà; i guai cominciavano quando si doveva “scalare”. Infatti, se la terza entrava senza troppe difficoltà, per la seconda si doveva effettuare un’abilissima “doppietta”; quanto poi alla prima c’era poco da fare: a meno di non avere un orecchio da critico musicale era impossibile inserirla in marcia, ci si doveva fermare, innestarla e ripartire; un po’ come quando si dovevano azionare le ridotte sulle vecchie jeep. Per i tecnici preciso che prima e seconda avevano coppie d’ingranaggi a denti dritti per cui, con queste due marce innestate, il cambio mandava una sorta di nenia straziante: pareva quasi che la vettura “soffrisse” la salita... e in effetti la soffriva. Sui cavalcavia bisognava scalare almeno in terza mentre su strade di montagna non si riusciva ad andare oltre la seconda. Ma non basta. Il radiatore (raffreddato da una ventola sempre in presa) era a circolazione naturale, quindi niente pompa dell’acqua. Meglio, dirà qualcuno, una fonte di guasti in meno; d’accordo, ma così la funzione di raffreddare, lassù sulle montagne, andava a puttane. Inoltre quel diabolico ordigno era anche a circuito aperto, ossia se l’acqua bolliva (acqua, si ribadisce, con conseguenti incrostazioni, non liquido per radiatori come oggigiorno!) s’apriva uno sfiato che scaricava parte del contenuto; in più, come detto, il termometro non esisteva e manco una misera spia. Morale della favola: ogni cinque/sei chilometri di salita (e le salite d’allora erano salite cazzute) il guidatore si fiondava ad aprire il cofano e a svitare, con molta cautela e con uno straccio, il tappo del radiatore: quindi, a seconda del grado d’ustione che si procurava, decideva il da farsi: proseguire ancora a normale andatura, proseguire a passo di lumaca o fermarsi e attendere che la temperatura s’abbassasse. Accessori indispensabili per chi amasse le gite in montagna: borracce, innaffiatoi, secchi, pignatte, eccetera (niente bottiglie di plastica: non esistevano, con indubbi vantaggi ambientali). Quanto alla tenuta di strada diremo semplicemente che era meglio non sfidare il destino; se poi pioveva ci si doveva senz’altro affidare ai già citati Angeli Custodi: va infatti rimarcato che, oltre alle sospensioni “spartane” (alias robuste ma non altrettanto efficienti), i pneumatici avevano dimensioni paragonabili a quelli d’uno scooter 125 d’oggigiorno. Circa le prestazioni è meglio stendere un velo pietoso; d’altronde da un motore di 569 cc, con 16.5 hp, quattro cilindri e due (!!!) supporti di banco (un tecnico sa cosa significa) era impossibile pretendere più dei 90 km/h dichiarati (con un consumo paragonabile a quello d’una “Punto” a 130 km/h). A titolo di paragone si rammenta che il mitico “Guzzi Falcone”, coetaneo della vettura, era mosso da un monocilindrico da 498.4 cc e aveva una potenza di 23 hp.

Conclusione
Mi sorge un dubbio: la 500 B “Giardiniera “ (da non confondere con i sottaceti) fu un’“autodimerda” degna di questo nome o non va piuttosto rapportata ai tempi in cui fu proposta da Mamma Fiat? Se si considera che già circolavano la “Renault 4 cv”, la “Citroen 2 cv” e i primi “Maggiolini”, ossia vetture tecnologicamente e funzionalmente più avanzate, la risposta potrebbe essere “sì, effettivamente fu un’autodimerda”; però le vetture straniere citate erano poco diffuse mentre anche un maniscalco o un idraulico o un lattoniere erano in grado d’aggiustare la “Topolino” nostrana, e poi i prezzi delle medesime vetture erano senz’altro superiori, e non di poco. A ogni modo, “autodimerda” o non “autodimerda”, per chi scrive la macchina di cui trattasi è legata ai ricordi di un’infanzia felice, per cui continua a valere più di mille Ferrari; se e quando chi scrive potrà permettersi il lusso di non avere più necessità di guidare, credo che ne cercherà una sui siti che trattano “veterane”. Così è, se vi pare. “

Recensione inviata da Luciano De Dionigi di Padova

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46 Commenti

mezzotoscano ha detto...

Poffarbacco!!! Chi ha osato riverniciare in un'indefinibile tinta rosso fragola il suo gioiellino?
Si sappia che per la vettura in oggetto l'unica tinta disponibile era il grigio metallizzato e che - particolare non trascurabile - fu la sola vettura FIAT in cui per tale tinta non si doveva pagare un supplemento.

ANhIMA ha detto...

Esistevano già le vernici metalizzate?

mezzotoscano ha detto...

Certamente, e lo asserisco in quanto testimone oculare, anche se la loro qualità era ben lontana da quelle odierne.

Thrasher ha detto...

ma anche le vecchie batterie delle auto! Duravano fin quando la macchina non si disintegrava!

mezzotoscano ha detto...

Indubbiamente, ma le vecchie batterie (quelle con il catrame sopra e le piastre sostituibili) non erano batterie di merda come quelle attuali.

mezzotoscano ha detto...

Dimenticavo... però ogni tanto andavano rabboccate con l'acqua distillata.

Anonimo ha detto...

macchinone

Pier ha detto...

La 500B Giardiniera AdM ?
Non saprei. Sicuramente ha diritto di starci semplicemente per la gustosa recensione di Luciano, testimone che a quei tempi chi possedeva anche una minima vetturetta era ben fiero di sottoporsi alle "angherie" sopra descritte.
Mi sono un attimo immedesimato; la mia prima auto è stata una 600 del 1966 (ma era il 1983), anch'io viaggiavo con la bottiglia d'acqua e straccio per non rimanere lessato; almeno da me c'era la spia che gentilmente mi avvertiva.
Pier

Giovanni Capozzi ha detto...

Simpatica recensione. Confermo il particolare della tinta metallizzata, ma credo che tra i colori disponibili ci fossero anche una sorta di bronzo e un verde penicillina. Per l'epoca la 500B Giardiniera era una vetturetta versatile e gestibile, sottilmente autoironica, se vogliamo, visto che faceva il verso alle woody wagon d'oltreoceano.
E magari anche un po' snob: so di fortunati (ce ne erano anche in quegli anni difficili. i "fortunati" non mancano mai) che la tenevano come vettura di servizio per le case di campagna (e in città magari utilizzavano una brillante Alfa Romeo 6C 2500, una distinta Lancia Aprilia o una sorniona Fiat 6C 1500).
La gestione dei legni comportava problemi: in caso di pioggia era bene asciugarli con una pelle scamosciata e di tanto in tanto occorreva ripassarli con carta vetrata finissima e vernice trasparente semiopaca (lo stesso rito a cui tuttora si sottopone, di buon grado, un mio amico, fortunato possessore di una deliziosa Morris Minor - NON Mini - Traveller).
Alle piccole station wagon ricavate dalla Topolino sono affezionato per motivi familiari: l'ultimo upgrade di questo modello fu infatti la prima vettura di mio padre, nel 1952. Mi riferisco alla Fiat 500C Belvedere, la giardiniera dalla scocca interamente metallica, in cui il gioco dei contrasti cromatici - tipico della giardiniera con fianchi in legno - era mantenuto da incavi ricavati nello stampaggio delle portiere e delle fiancate, verniciati in tinta chiara rispetto al resto della vettura.
Queste mini-station della Fiat - pratiche ed economiche - furono rimpiante per anni: tolte dai listini alla comparsa della Fiat 600 mantennero un discreto valore nelle quotazioni dell'usato. Ricordo il titolare una tintoria da cui ci servivamo, che ne utilizzava una per le consegne a domicilio, fino ai tardi anni Sessanta. Da bambino ebbi l'ingenuità di chiedergli perché non la sostituisse con un modello più moderno. Disarmante la risposta: "Eh, con questa e con un po' di benzina, hai voglia a camminare...". In effetti per anni e anni le mini-station Fiat furono compagne (inseparabili e instancabili) di viaggiatori di commercio e piccoli artigiani e sono rimaste una presenza abbastanza diffusa sulle nostre strade fino all'inizio degli anni Settanta.
P.s. : molti chiamano la 500 mini-station (B o C, non importa) "Giardinetta", ma questa definizione era stata depositata dalla Carrozzeria Viotti, che ne deteneva dunque l'esclusiva. (scusate la pedanteria...)

Giovanni Capozzi - Napoli

autoavio815@gmail.com

luciano ha detto...

@ Giovanni
Il bronzo non lo ricordo, ma circa il verde penicillina metallizzato forse ha ragione. Ciò non cambia il fatto che la vettura fu la prima Fiat (del dopoguerra?) con vernice metallizzata imposta.
Per quanto riguarda altri dettagli non posso che darle ragione.
Il principale difetto fu di non avere la trazione anteriore, infatti la sua architettura conferma la indiscrezioni secondo cui questa opzione era prevista in fase di progetto; con tale scelta la Fiat dimostrò ancora una volta la su modesta lungimiranza, per la serie: "prima vediamo cosa fanno gli altri, poi, eventualmente...
Mi pare infine che il termine adottato fosse "Giardiniera" ma ignoro se fosse ufficiale.

Anonimo ha detto...

Bellissima la Fiat Topolino la voglioooooooooo

Anonimo ha detto...

è una giardinet-balilla.

kamishibai ha detto...

Una recensione assolutamente splendida ed ironica...

luciano ha detto...

@ kamishibai
Ringrazio ma non merito tanto elogio: ho semplicemente cercato d'adattare qualche "quadretto" di vita vissuta allo spirito di questo sito che DOVREBBE essere appunto essere l'ironia... Uso il condizionale perché pare proprio che ancora troppi non lo capiscano.

ANhIMA ha detto...

Luciano mi consenta di dissenteria... questo è un sito archeologico serissimo e di alta squola tecnica.
e a me mi piace

luciano ha detto...

"Archeologico" nel senso che si scava tra strati di cacca sedimentata, suppongo... Cordialmente

Portaleazzurro ha detto...

...il deviatore delle frecce al centro della plancia, le prese d'aria, i pomelli sul cruscotto, la lunga leva del cambio, e poi anche quegli oggetti misteriosi -le bacchette delle frecce-, che, ragazzini, ci ostinavamo a cercare di far fuoriuscire...forse procurando qualche danno.

Questa bellissima recensione mi ha risvegliato una ventata di ricordi.

Quando avevo 11 anni ho viaggiato nella Topolino, la belvedere berlinetta.

Da adolescente tantissime volte ho accompagnato un vicino di casa, un ricco (la sua altra macchina, per la domenica, era una Lancia Appia) commerciante di mandorle, fave, lupini, ceci, che usava la Belvedere (500C) come animale da soma per il suo commercio scorazzando fra masserie e paesi limitrofi: non si può immaginare a quale sovraccarico sottoponeva questa macchina!

Poi, a vent'anni, fresco di patente conseguita con la fiat 600, ebbi modo di guidarla: ne ho un ricordo non molto piacevole, a causa della sua tenuta di strada.

Grazie Luciano.
Franco

Anonimo ha detto...

adoro la giardiniera! quella fatta in casa, con le verdure sotto aceto

luciano ha detto...

Volevo sottolineare che il prototipo della "Topolino" era a trazione anteriore, poi la leggenda (?) sostiene che, durante un collaudo con a bordo il senatore Agnelli in persona, il prototipo prese fuoco a causa d'una perdita di benzina; la trazione anteriore c'entrava come i cavoli a merenda ma il senatore pose il veto a ulteriori applicazioni del "tutto avanti" (licenziando il responsabile), il quale venne ripreso solo trent'anni dopo con la "Primula", cioè quando, all'estero, già la trazione anteriore stava imponendosi alla grande nelle vetture medio-basse.
Bella lungimiranza, no?
Altro esempio di tale "lungimiranza" fu il sistema "Antiskid" (in pratica molto simile all'ABS), studiato e sperimentato con successo dalla Fiat ben prima che dalla Bosch. Venne anche applicato su un modello "Uno" (non ricordo quale) ma rivelò malfunzionamenti che ne sconsigliarono ulteriori applicazioni: probabilmente si volle economizzare ma l'idea c'era, si trattava solo di perfezionarla, invece... morta là, sicché la Bosch brevettò il "suo" sistema e fece soldi a palate.
Invece l'Olivetti, già nei '60, aveva progettato un "personal computer" solo che, avendo problemi di liquidità, per portare avanti l'iniziativa necessitava di finanziamenti che invece le banche (in mano ai partiti) negarono e la prestigiosissima aziende finì come tutti sappiamo.
Ultimo e più eclatante esempio di tale nefasta mentalità fu il radar, elaborato da Marconi prima della guerra. Forse la guerra l'avremmo persa ugualmente ma generaloni e ammiraglioni dell Stato Maggiore obiettarono che non serviva a niente, quindi gli Inglesi (che invece il radar sulle loro navi l'avevano) si divertirono a fare il tiro al piccione sulle nostre navi e tanta gente che avrebbe potuto salvare la pelle morì chiedendosi. "ma come c**** hanno fatto a beccarci?"
Perdonatemi la lezioncina ma, se qualcuno di voi si chiede i motivi del declino italiano, forse queste noterelle potranno chiarire qualcosa.
Tornando a "Mamma Fiat" ho talvolta l'impressione che in Fiat comandino quelli che dicono: "Prima vediamo cosa fanno gli altri, poi decideremo", solo che, quando le decisioni arrivano, spesso è troppo tardi.
Non sarà che siamo un popolo di talpe furbette?

Anonimo ha detto...

@ Luciano : vogliamo ricordare allora l'invenzione dell'iniezione common rail per i diesel inventata dalla Marelli e da questa venduta per quattro soldi alla Bosch poichè ritenuta "un'opportunità scarsa" ?

Saluti

Anonimo ha detto...

Caro Luciano, Marconi era un genio, in USA viene ancora commemorato, in Italia no, ma questa credo sia un'altra storia.

Io credo che l'ABS non sia affatto una invezione Italiana. La storia dei sistemi di antislittamento o antibloccaggio, iniziò verso gli anni 50, quando ne venne iniziata la sperimentazione in campo aeronautico. Tanti sono stati i progressi tecnologici presi in prestito dall'aviazione su vetture oggi in dotazione. Uno di questi sistemi il MAXAERET della Dunlop, venne applicato nel 1959 in via sperimentale su una Jaguar MK VII, mooooolto prima della popolare Uno.

Nel 1966, ennesima vettura Britannica, la Jensen FF (la Ferrari ne ha persino copiato la sigla) montò di serie un Ferguson/Dunlop e nel 1971 la Chrysler Imperial, offrì in commercio tra i suoi optional, il sistema antibloccaggio.

Bisognava aspettare quasi 15 anni. Era il 1984, quando tale dispositivo venne usato dalla utenza nostrana. La vettura in questione era la Lancia Thema.

Anche se il vero brevetto avente n° 671925 denominato "anti incollaggio" è della Tedesca Bosch e non Fiat, gia alla fine degli anni 30.

Italiani più Volpi Furbette che talpe!

Luca

mezzotoscano ha detto...

D'accordo Luca, tu ne sai più di me per cui ti credo sulla parola. Però una domanda resta insoddisfatta: come mai l'anti skid della Fiat si rivelò un fallimento? Io attribuisco la cosa alla solita politica delle "nozze coi fichi secchi", però potrei sbagliare.

Pier ha detto...

La UNO che montava, a richiesta, l'Antiskid era il modello turbo. Credo che i fichi secchi centrino. Noi italiani siamo bravissimi nelle idee ma scarsi e lenti nello svilupparle e perfezionarle.

Un mio insegnante raccontava che durante la guerra era addetto ai RARI che, diceva, erano i nostri radar. Erano però installati solo in terra e non sulle navi e troppo pochi e troppo tardi.

Anonimo ha detto...

Ciao mezzotoscano, è un vero piacere conversare dinuovo con te.

Ad essere sincero non conosco il sistema Antiskid Fait, dovrei documentarmi e lo farò adesso.

Ricordo solamente aver letto notizia su una rivista specializzata, molto tempo addietro. Suppongo non si sia sviluppato per i soliti problemi economici. Forse troppo elaborato, troppa elettronica?

Molte marche hanno lavorato a questo progetto, poi il migliore, economico e più efficiente e risultato quello della Bosch.

Anonimo ha detto...

@ Mezzotoscano, mi lusinghi non è vero che io ne so più di te, è bello poter chiacchierare con te

Luca

Anonimo ha detto...

Scusa, Sistema Maxaret
Luca

mezzotoscano ha detto...

Un fatto è inoppugnabile: di auto ne sai più di me, forse per il semplice motivo che non ti sei stancato di documentarti mentre io da tempo ho smesso di comprare Quattroruote.
Ciò accadde quando finalmente mi resi conto che l'auto è una "macchinetta mangiasoldi" in confronto a cui una "Slot Machine" è un trastullo per bimbiminkia e m'incazzai di brutto...

Anonimo ha detto...

cos'è il sistema MARCHETT ? ho capito... c'era la legge Merlin

vecchio ha detto...

grazie per la bellissima recensione. ai miei tempi ancora ne giravano di giardiniere, anche se erano più diffuse le C.
mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, il cambio non sincronizzato con la leva lunghissima, il motore che bolliva ogni 2x3, le sospensioni da penitenza gesuitica.
certo il maggiolino era più progredito, io ho provato uno degli anni 60 ma penso che quello di 10 anni prima non fosse molto diverso, la 2cv era sicuramente più confortevole, anche la minor era nettamente migliore dal pdv pratico.
però la topolino e derivate, per via del contesto storico sono certamente legate in modo particolare alla storia del paese. un pò come qualce anno dopo sarà per la 600 vera auto che motorizzò l'italia.

Anonimo ha detto...

@ luciano:vorrei puntualizzare una cosa.il prototipo di cui parli,quello a trazione anteriore,era un 700 raffreddato ad aria.secondo alcune immagini che ho visto a Torino da un caro amico(guardacaso progettista Fiat),il corpo vettura doveva essere quellu della 500 a allungato,ed il muso della nuova balilla 1100.

luciano ha detto...

Grazie per l'informazione. Queste notizie non le conoscevo. Resta tuttavia il fatto che il vecchio sen. Agnelli ha colto l'occasione per combinare una fesseria d'importanza strategica.

Anonimo ha detto...

beh luciano,erano tempi in cui di solito non si vedeva aldilà del proprio naso...il senatore Agnelli(mi sia consentito l'uso dell'appellativo "coglione"),se solo avesse dato ascolto all'ingegner Fessia(e non a Carlo Salamano),avrebbe avuto l'onore di diventare pioniere della trazione anteriore...e aggiungo inoltre,sempre in tema di recriminazioni),che tuttora molti esperti rimproverano fiat per non aver sviluppato adeguatamente i freni a tamburo,incredibilmente meno pericolosi dei dischi...

luciano ha detto...

Da tempo ho come l'impressione che in Fiat ci sia sempre qualche capoccia sapientone che stoppa i più innovatori dicendo: "Al tempo, bambocci! Prima stiamo a vedere cosa fanno gli altri e poi, se è il caso...". Ebbene, a forza di stare a vedere, Mamma Fiat è finita nella m...
Parere personale, neh!

Anonimo ha detto...

filosofia ripresa persino nel film Le 24 Ore di Le Mans, la Ferrari osservava il box e aspettava quando la Porsche cambiasse gli pneumatici Rain.

Anonimo ha detto...

BAH!!!
Ho una 500c belvedere del 54 ed una Fiesta(ford) del 2010.
Dichiaro ufficialmente che:
1) entrare all'interno della 500C del 1954 e' molto piu' agevole e meno pericoloso ovvero non si batte la testa ne si rischiano strappi e blocchi ad ad L5-S4 o simili.
2) uscire dalla 500C e alla portata di tutti mentre sulla fiesta Purtroppo NO!
Il consumo della 500C e' ancora oggi pari al 30/40 % inferiore a quello della fiesta su identica strada
3) per sicurezza la fiesta e sicuramente meglio (tolte le complicazioni fisiche in entrata/uscita)
4) la belvedere che ho io non e poi molto piu' strettina della fiesta sia per due che per 4 persone.
5) ai tempi (la mia e' del 1954) a parita' di prezzo non c'era NIENTE altro (ne sul nuovo che sull'usato) per cui era purtroppo l'unica auto ,anche se forse di merda ,per molti "poveri" italiani in grado di gestirla ed acquistarla.......
6) La fiesta l'ho data indietro al concessionario in cambio di un ben piu' pratico familiarone di piccola cilindrata che non necessita di contorsioni e casco per entrarci......la 500c NO!
saluti BB

luciano ha detto...

@ BB, la 500 c Belvedere è una veterana da tenere religiosamente, la Fiesta no: non paragonare un antico vaso cinese con una zuppiera dell'Ikea. Ribadisco che il mio povero vecchio aveva la rarissima 500 b Giardiniera e che anche a 92 anni si dava dello scemo per averla data dentro.
PS. Le Fiat saranno anche auto di merda ma in nessuna si batte la capoccia entrando, in molte tedesche si.

Anonimo ha detto...

oooH basta lah qualcuno mi ha letto!!
Il commento era solo relativo alla praticita' di uso di molte veture in vendita oggi....fiat comprese in quanto la vecchia punto(..classic ) o la fiesta precedente al modello attuale ecc (anche renault citroen ecc) erano veramente piu' spaziose e pratiche ,di miglior visibilita .In pratica per migliorare "forse" l'impatto estetico delle auto si e' danneggiato l'aspetto UMANO (dimensioni e possibilita fisiche).
Un piccolo esempio su Fiesta e grande punto mi era IMPOSSIBILE far salire mia madre anziana quando era necessario trasportarla per visite mediche ed a familiari ,con la vecchia punto o la tipo ed una vecchia uno di una amica di mia moglie invece era possibile.....
Io avendo una statura di + di 180 cm x 90Kg e 58 anni trovo piu agevole (e meno pericoloso) salire e scendere da una giardiniera del 1954 che non dalla fiesta che ho(ancora per poco) o dalla grande punto ,seat ibiza e qualcun'altra che non ricordo su cui son salito .
In piu aggiungo che la visibilita' dei cristalli lillipuziani della 500c non e' certo inferiore a quella di molte vetture odierne.
ovvero--- per i tempi le--- 500 abc erano effettivamente vetture ben progettate se ancora su qualche particolare sono superiori a utilitarie odierne.
Dimenticavo ......i freni della 500c non mi son sembrati male addirittura a me paiono superiori a quelli di 500 e 126 (anche ultima versione) ...la 500 la possiedo da poco ed e in pratica conservata con una rinfrescatura generale per enderla idonea al collaudo eseguita dal vecchio proprietario che ne ha altre 2 , b e c...)...non una vettura restaurata a nuovo NB.
BB arisalu'

luciano ha detto...

Sai una cosa BB? Ho l'impressione che le auto siano sempre più ingombranti all'esterno e sempre più claustrofobiche all'interno. Sbaglio?

Anonimo ha detto...

bha!...tanto per scrivere oggi nevica...
Allora ,con tutta la scienza ed il progresso degli ultimi decenni sono riusciti a fare utilitarie che consumano quanto le medie cilindrate degli anni 80 (norme ece) ,con spazio interno ridotto a quello delle piccole anni 70 (126) ,e costi di manutenzione esagerati .....oggi alcuni componenti meccanici hanno la data di scadenza come la mozzarella .
Le linee utilizzate rendono la visibilita minima e provocano la lessatura delle balle (io le possiedo...) nelle giornate di sole ,oltre alle capocciate sui montanti porte durante la salita pur non essendo altrettanto basse come una tipo o una vecchia golf.
Trasportare le valige di Barbie e' impossibile se non si acquista almeno un suv di classe superiore .
Per guidare vetture siffatte oltre i 40 anni di eta' e' necessario allenarsi quotidianamente in palestra in quanto il costo per il cambio vettura non e' alla portata di tutti (i suv costano).
Solo claustrofobiche???
BB

mezzotoscano ha detto...

Caro BB. Ritengo suoi commenti interessanti, spiritosi e istruttivi: inoltre denotano padronanza della lingua, buona competenza e potrebbero quasi servire come "consigli per gli acquisti" (se poi uno se ne frega e compra alla cazzo di cane non ci faccia caso). Mi permetta quindi di suggerirle l'iscrizione al Forum, dove troll e semianalfabeti non ce ne sono.

Anonimo ha detto...

Egr. Sig Gran Lup Mann. MezzoTorscano.
Appena ci ho un po' di pazienza vedo come registrarmi al forum ...anche perche essendo ormai transfuga dal forum fordfiestaitalia in quanto "felice orfano di f.fiesta" ,data indietro per un BEN piu spazioso familiarone 7posti di infima marca (oramai totalmente stramiera...purtroppo) e con la possibilita' di esser guidato con il cappello di mago merlino in testa ,non so + dove depositare le mie masturbazioni mentali in fatto di meccanica e modifiche/tacconamenti vr.Inoltre anche quello dei tram storici ,causa crisi contingente langue...e pure io non e' che stia molto bene....

Tengo a precisare che potrei registrarmi al 3D in questione con il nick di mezzogaribaldi, causa il prezzo piu' conveniente degli stessi anche se con qualita nettamente incostante rispetto al toscano .(chi si dedica allo zampirone capira')
MezzoPedroni come nick mi attira....., ma purtroppo il costo eccessivo e' per me un ostacolo.(chi si dedica allo zampirone capira')
.......vedremo.
Ora vado a lucidare il topo belvedere .
e veder come e' il forum....
BB

Anonimo ha detto...

Ey son sempre ioooo...
Forse ho frainteso(ma e' difficile!)??
MezzoToscano potrebbe anche indicare :
1)quasi 1 ligure.Quasi 1 emiliano.Ecc
2)Madre o padre(anche armeni) :madre o padre Toscani
3)Toscano affetto da atologia fisica simile a quella di un noto esponente italoforzuto ....di altezza non eccessiva
4)Desiderio di essere toscano per motivi non ben chiari.

Opto sempre per lo zampirone .....ma assammai fammi sapere...
arBB

mezzotoscano ha detto...

In quanto zampiron-dipendente capisco benissimo le allusioni. Circa le mie radici son 1/4 pisano, 1/4 varesotto e 2/4 veneto (viva il melting-pot!)... Aspetto notizie.

Anonimo ha detto...

Vah !ripasso da qui'
Allora:
Checchio quanti 3D!!.ho seri (seri!) problemi a scegliere dove postare (fooorse bisognerebbe raggruppare sul modello di skycrapercity per: linea ,meccanica,film,lamenti,zombi,marca,consumo ,sesso ,genere,musicale,odore,altezza,gusto,nazionalita',umore,alimentazione.....ecc ...purtroppo non saprei come raggruppare ).
In questo momento(e da quasi un lustro) c'e' l'ho con i gli allegri "gingengneri intellighiotti di ford/brc" italia(e non solo) ma non aprirei altri 3D.
Mentre che: "1/3 faso tutto mi","1/3 rubacchiando qua' e la",ma "1/3 bugiando nen" ..vado a fare un po' di fumo all'esterno col garibaldi .
Suppongo che "ella", nel frattempo per 2/4, "fasa tutto ela", per 1/4 "..........e al vend a ses (...affari sbagliati...)" ,semprechhe' la porta non resti sbarrata (1/4), stia cercando ,da buon diavolo di moderatore, di raccapezzarsi tra la marea di titoli presenti nel forum......
BB

mezzotoscano ha detto...

Non sono moderatore: quanto al forum non è difficile orientarsi, basta scegliere un topic e buttarsi. Con il suo stile tra il futurista e il neodadaista non dovrebbe essere difficile. In bocca al lupo.

Anonimo ha detto...

Resto ancora un po' sull'informale .....
Forse piu' futurista (ratattatttatatattaaattatata'...guerra!) che dadaista (apolitico/antinazionalista/meno tecnologista/+o-naturalista/pacifista ....P. Daverio mi ha fatto una lezione ier sera ,combinazione...)
Purtroppo ho una propensione verso i vecchi rottami che col futurismo azzecca gnente!
BB

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