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I RUGGENTI FIFTIES - P.3 ..by E. Meneghetti

AUTO AMERICANE
LE VOSTRE RECENSIONI “Ieri sera sul primo canale Benigni recitava serio, in piedi, nella penombra del palcoscenico, un dialogo famoso, a chi Roberto stesse sulle scatole, sul terzo canale Marco Paolini recitava nelle stesse condizioni le stesse strofe : “Osgood, voglio essere leale con te ; non possiamo sposarci affatto”
”Perché no ????”
”Bhè in primo luogo io non sono una bionda naturale”
”Non m’importa”
”E fumo, fumo come un turco”
”Non mi interessa”
”Ho un passato burrascoso, per più di tre anni ho vissuto con un sassofonista !”
”Ti perdono”
”Non potrò mai avere bambini”
”Ne adotteremo un po’”
”Ma non capisci proprio niente, Osgood ! Sono un uomo”
”Bhé nessuno è perfetto”
Non stavano declamando Dante, ne tanto meno Boccaccio. La mattina seguente si scatenarono tutti, ma come si permettono in fascia protetta, che schifo, mi fanno ribrezzo, bisogna intervenire drasticamente, buttateli fuori quei licenziosi, e giù proteste, telefono viola, famiglia sacra, associazione episcopale e non basterebbe la schermata . Quelli dall’altra parte esultavano, finalmente, basta con la gogna, abbiamo i nostri diritti, anche i travestiti hanno un cuore, sappiamo Amare anche noi, Viva Zapatero, e anche qui non basterebbe una pagina. I capi struttura chiesero una settimana di ferie, come al solito tutto si sarebbe rasserenato .
Quanto sopra, a parte il meraviglioso dialogo, tutto finto, è di mia invenzione . Io avevo ideato aprire questa seconda scheggia dei favolosi Anni 50, alla rovescia, partendo dalla fine, con il 31 Dicembre 1959, ore 23.55 circa, e per lo scoccare di mezzanotte, dare l’addio ai favolosi anni 50, invece che con la stantia filastrocca : meno 6, meno 5, meno 4, meno 3 etc. , duettando con mia moglie, il finale di una delle più vivaci commedie brillanti, mai volgari, che hanno costellato i ns. anni preferibili . Tanto per cambiare e ricordare . Non la tiro per le lunghe, il dialogo è tratto dalle strepitose ultime considerazioni di Osgood nel film “ A qualcuno piace caldo” con la nostra indimenticabile Marilyn, Toni Curtis ed altri grandissimi. Che differenza con i tempi cosiddetti moderni (migliori ?), noi ridevamo con spontanea allegria, nessuno pensava di sdoganare ne i Gay ne i Travestiti, gioivamo assieme a loro, senza l’astio e l’odio sul quale scivoli oggi, non appena fai un passo, fuori dal sentiero tracciato . Rivediamoci quelle commedie, ci sarebbero salutari ancora oggi : ”Gli uomini preferiscono le bionde”, ”Come sposare un milionario” , “Quando la moglie va in vacanza” , nessuno si sognerebbe di mandare a nanna il nipote di sei anni. Non si può citare impunemente  Marilyn senza accostarla a qualsiasi modello
CADILLAC ELDORADO BIARRITZ 1957di auto dei Fifties, sopra tutte svettano le varie Eldorado e Biarritz . Per sgomberare il campo da sterili discussioni ho calato subito il ns. asso migliore, ma vorrei ricordare con affetto un’altra nostra icona intramontabile, il dolce ribelle James Dean, grande e eterno, come tutti quelli che lasciano una troppo breve traccia, della loro sosta, Porsche 550 Spyder 1955su questa nostra astronave. Cito  le tre opere più famose: “Il Gigante” , “Gioventù Bruciata”, “ La Valle dell’Eden” . Il destino ha scelto per Lui una Porsche 550 Spyder, Lui che amava tanto anche le care Fifties . Potrei riempire venti schermi di questa scatola magica, di celebrità immortali di quel decennio, ma senza voler fare raffronti irriguardosi, nemmeno uno dei dominatori del Bagaglino, reggerebbe un accostamento con uno dei nostri, anche se il più scarso . Sorvoliamo turandoci il naso, sui Tronisti e le sculettanti dinastie di rinsecchite grottesche emule, delle nostre sane e prosperose balie Vere “de naolta” . In questa era colta e tecnologica, dobbiamo purtroppo accontentarci del sebo, grasso “rancego” e stantio, che cola dai Panettoni Natalizi Cinematografici . Con questo impari raffronto, non intendo dire, “come era bello una volta”, giudicate Voi su questo specifico tema . Mia moglie mi confidava che nutriva un amore protettivo e dolce verso l’indifeso e fragile James Dean, avrebbe dato tutto il meglio di se stessa (il che non era poco), per un suo cenno di serenità, un sorriso dal basso verso l’alto, da dietro gli occhialini . Aveva preso una “cotta” . Io le confessavo che sognavo di portare Marilyn con il Maggiolino alla splendida Playa Colorado, l’avrei ammagliata, complice Matisse, guidandola a scoprire la vita sorprendente del silenzioso e magico mondo sottomarino tropicale, ne sarebbe rimasta affascinata . Lei evocava in me, la figura di una ineffabile ed ingenua fanciulla. Complice il crepuscolo, farei notare l’inconsistenza che sprigionavano le ombre nitide delle palme, distese sulla sabbia nell’oblio ristoratore . Attinenza con le nostre fragili presenze temporanee ? . Partecipe la penombra, come ultimo dono, avrei letto le più belle fiabe da “Le Petit Prince” di Atoine de Saint-Exupery, in francese, sapevo che amava quella lingua. Tutto qui, era troppo fragile per sfiorarla, oltraggiandola . Questo il mio solo desiderio, vi obbligo a credermi sulla parola . Anche io avevo preso una “cotta” . Un sorriso di apprezzamento anche al complicato Marlon Brando, se continuo con l’evocativa, finisco col tediarvi ed esagerare .
Cambiamo argomento. Avevo comperato, per un tozzo di pane raffermo, da un Gringo che era stato trasferito in Medio Oriente, un attempato scafo da regata della classe “Star”, una vecchia e gloriosa classe Olimpica, credo disegnata da un certo Swe……… impronunciabile, attorno gli anni 10, credo ancora oggi classe Olimpica attiva, chi ha dimestichezza con il mare, capisce a cosa mi sto riferendo, registrata regolarmente con il N° velico USA 2222 . Misure : c/a lunghezza 7 mt, larghezza 1.70, pescaggio credo 1 mt, bordo libero non più di 30 cm. Un vero cavallo di pura razza, tutti i grandi tattici o timonieri della Coppa America ed altre regate famose provengono dalla sua scuola, con le dovute proporzioni, se nella seconda vita ho combinato cose marinaresche egregie, lo devo alla severità dell’impegno richiestomi da lei, durante il mio apprendistato .
OSCA MT4 BARCHETTA 1953Per  capirci in termini automobilistici, era il corrispettivo di una Barchetta OSCA due posti da competizione . Mi sono già espresso di non essere di indole corsaiola, tanto meno regatante in un luogo dove l’unica barchetta a vela era questa . Con duro lavoro, e un po’ di spesa, la rimisi quasi a nuovo, trasformandola leggermente in una Land Rover da Enduro. Ci costruii sopra una tughetta bassa, per evitare che fiotti di spruzzi di mare potessero penetrare all’interno, affondandomi, non disponendo di paratie stagne . L’albero venne giù, assieme alle termiti che annegarono, alla prima uscita di prova, restai alla deriva tutta una notte fredda, in costume da bagno, mi recuperarono al largo il giorno dopo . Rifeci l’albero con le giuste misure con quattro tavole di pregiato Pino Canadese senza nodi, incollato ed avvitato e raccapriccio ; rettangolare, esatto di misure, ma pesava quasi il doppio . Seconda uscita, si ruppe l’asse del timone, altra notte alla deriva in costume da bagno, i pescatori sapevano dove cercarmi con il giorno . Riparazione effettuata, non restava altro che potesse rompersi, poteva solo affondare, aveva un bulbo a siluro credo di 200 Kg. Già sapete che abitavo nella penisola di Lecheria, l’Aliseo soffia quasi sempre e solo da Est verso Ovest, quindi sottovento alla penisola l’acqua era calma tutto l’anno come all’idroscalo, e li era ormeggiata ad un corpo morto, la “Stella”, vicino casa mia . Un sabato ci stavo bricolando, quando all’orizzonte si concretizzava un due alberi, che scelse di dare l’ancora alla giusta distanza da me . Fu così che conobbi mio fratello Sultan (nome rispettoso della Privacy). Lui era come me figlio unico, gli garbava aver trovato un fratello che soffriva guarda caso della sua stessa patologia incurabile . Certe malattie consolidano le sane amicizie, fino ad arrivare alla fratellanza . Avevamo in comune non so come definirlo, un morbo, un virus, si trattava che ambedue nelle vene invece che il sangue, ci scorreva acqua di mare, ed il cuore andava in pericolosa aritmia alla vista di una Barca a Vela da crociera.
Sultan a differenza di me, possedeva un Tahiti Ketch di un po’ più di 9 mt. , barca che in quelli anni, e in quei luoghi, faceva sognare .
Sultan a differenza di me, era comproprietario di una grande Banca, e ne era il Direttore Generale per l’Oriente del Venezuela .
Sultan a differenza di me, andava a Caracas ogni due giorni, ma con il suo Beecraft-Bonanza, io ogni 15 giorni, ma con il DC 3 o Dakota della LAV.
Edmondo a differenza di Sultan era una quindicina di anni più giovane e più bello, cosa che mi metteva in Pole Position quando ci si batteva per una Creola da concorso, e questo lo faceva incavolare .Come detto sopra, ambedue avevano trovato un fratello . Lasciamo per il futuro le storie di vela e viaggi , restiamo al Beecraft-Bonanza, gli promisi che gli insegnavo andare a vela, e lui voleva sdebitarsi ad ogni costo facendomi maneggiare quel “coso” che detestavo. Logico che non potevo far scuola di volo con un aereo cosi importante, mi iscrisse all’Aereo club di Barcellona, ed inizia le lezioni su un Piper a doppia cloche, con un istruttore Brasiliano che pesava 140 Kg, ma quel che era drammatico, se li portava appresso tutti, quando saliva nell’angusta cabina al mio lato. Lentamente ci presi gusto, perchè mi permetteva volare in mare, cosi potevo individuare i Reef sommersi dove andare poi a pesca subacquea, non lasciai mai trapelare la mia esultanza . L’istruttore logicamente guadagna per ogni ora di assistenza, però devo dargli atto che fu onesto, con sollievo mi informò, non avrei mai preso il Brevetto, avevo insormontabili problemi con lo scambio di comunicazioni con la torre di controllo, ero da poco andato a svitare la campana di bordo di un Cargo affondato, schiantato contro gli scogli affioranti del Bajo Caraca vicino Cumanà, in una brutta notte di burrasca. Ero andato troppo giù, e con me se ne era andato il timpano sinistro . Ad ogni modo arrivò il giorno che dovevo volare da solo, a fare il “Toque e Despegue”, non so come si dice in italiano, devi partire, fai un giro largo attorno all’aeroporto, sempre gracchiando con la benedetta torre di controllo, a mia discolpa il Piper non era coibentato più di una Hot-Road, quindi allinearti alla pista N° che corrispondeva ai gradi bussola, scendere in dolcezza toccare sicuro, rullare un centinaio di mt. tirare il pomolo acceleratore, bloccarlo con ½ giro su se stesso, e ripartire per un altro giro . La prima volta rischiai di rovesciarmi appena alzate le ruote, io ero abituato con il peso dell’istruttore, mi trovai squilibrato, vidi l’ala sinistra sfiorare l’asfalto . In totale feci 24 ore, ero alla soglia del tradizionale secchio di olio usato, versato giù per la testa, ma dissi definitivamente NO. Sultan mi portò il muso un paio di settimane, poi cedette anche lui . Il suo aereo era del tipo che aveva il volantino singolo imperniato ad un tubo lungo circa 60 cm che era fissato, girevole, al centro della consolle porta strumenti, e lo potevi ruotare per alto di 180°, passando di conseguenza il comando al copilota . Il sistema non si impose, nelle serie successive era stato sostituito con un normale doppio comando, erano avvenuti incidenti . La prima volta che lo usò con me, disse che si era bloccato dalla mia parte, mi dava gli ordini di cosa fare, iniziai giovane ad afferrare in cosa constasse l’incontinenza da andropausa .
Vorrei farvi notare un dato interessante, se ritorniamo a Google Maps, ci situiamo a Barcellona, ma questa volta andremo verso Ovest, non più di 50 km. c/a, ci troviamo a punta Carenero, e qui ha inizio la Cordigliera delle Ande che prosegue ininterrotta attraverso il Venezuela,Colombia, Equador, Perù, Bolivia e Cile, con due inutili ponti come quello che faremo noi sullo stretto di Messina, si potrebbe, attraversando la Terra del Fuoco Cilena, arrivare in bicicletta al mitico Capo Horn. Ma quello che mi interessa farvi registrare, cosa ha reso audaci i reduci che hanno vissuto l’aviazione degli anni 50 . Arrivando in quota all’inizio delle Ande, con il mitico DC3 in rotta per Caracas, ci si viene a trovare in una zona di tremende turbolenze, da una parte l’Aliseo fresco e leggermente umido da Nord Est, che cozza contro un vento torrido e secco che arriva da Sud, dalle pianure equatoriali interne . I due non hanno nessuna voglia di fondersi, anzi si azzuffano rabbiosi, e cosi innervositi urtano il muro delle Ande . Per quelli che non volano a 30 000 piedi di quota, che è il caso del Dakota, ci si trova per un certo periodo in un cestello di lavatrice che fa il prelavaggio, destra –sinistra, sù e giù freneticamente, ecco perché trovavi pronti, da due a quattro sacchetti impermeabilizzati nella tasca del sedile, che ti sta davanti . Chi non è pratico di detti sigari votanti, e alla partenza, entrando dalla minuscola porticina posteriore, quasi a rasoterra, si arrampica su su in alto per trovare un posto in prima fila, quando arriva in zona turbolenze, può divertirsi osservando le ali dall’oblò, a contare i rivetti che si schiodano, vittime delle torsioni a cui vengono sottopose le giunzioni delle lamiere di alluminio . L’angoscia ritarda l’insorgere della nausea, ma insinua inquietanti presagi . Vi ricordo che i DC 3, erano gli ultimi aerei riconvertiti dalla guerra al traffico civile delle rinascenti Linee Aere, ed erano anche gli ultimi con la ruotina sotto la coda, che evitava di strofinare la “carrozzeria” sulla pista . Visto da fermo e da una certa distanza, con il muso verso il cielo, sembrava fremere impaziente per penetrare le galassie . Con il senno di oggi, bisognava possedere una spudorata fantasia . Quando frequentavo l’ingombrante istruttore, mi capitava a volte di assistere alle prassi di imbarco passeggeri, e partenza. L’aereo era fermo da qualche parte nei dintorni del casotto aeroportuale, seduti o in piedi li nei dintorni i passeggeri aspettavano sul prato che arrivasse il pilota e copilota, questo ultimo con le chiavi apriva la porticina, deferente e pomposamente faceva passare il Pilota, indicava ai più ansiosi, state fermi, ancora non stiamo rullando, e richiudeva dietro di sé . Poco dopo riappariva il Pilota con una cartellina in mano, e iniziando il giro dell’aereo in senso antiorario esaminava a distanza cose a noi mortali invisibili e misteriose, con le nocche toc toc alle ali di coda, su e giù ai timoni di assetto, destra sinistra al timone di coda, via verso le ruote, due calci alle gomme, come facciamo noi quando esaminiamo attentamente un usato che vogliamo trattare, infila la punta del piede sinistro in un incavo della fusoliera e hop, con un guizzo è sull’ala, il bocchettone kerosene è ben chiuso, se erano amici, salutava al finestrino il copilota seduto a dritta, scendeva con leggiadro saltino, su e giù ai timoni flap, si chinava passando sotto l’ala cercando di evitare il motore, gocciolava olio, un’occhiata al ventre della balenottera, calcetto d’ordinanza alla gomma SX, via impettito e spedito verso la porticina tipo sommergibile che misteriosamente si apriva al suo arrivo. Il copilota usciva e faceva segno che ci si poteva arrampicare, ritirava parte del biglietto, finito, richiudeva dietro di sé, imbarco completato .
A quei tempi sulle linee interne niente hostess, quando in sosta, bastava una bidella, con secchio e strofinaccio per le pulizie, che ritirava i sacchetti del dopo turbolenza, e passava uno straccetto umido sulle eventuali residue macchie, una spruzzata di “Essenza di Frutto della Passione” per confondere, vuotare i posacenere e qualche involucro di caramella . Si irritava senza ritegno, quando trovava appiccicate nei luoghi più impensati le chewingum, o peggio ancora schiacciate dentro la stuoia della corsia centrale . La “ritirata” situata in coda, nessun problema, sempre pulita, rimaneva inutilizzata, tutti sapevano che le “cose” espulse, te le ritrovavi appiccicate alle chiappe, in coda era come essere seduti su un Mustang da domare . La carenza di Hostess era dovuta alle malignità messe in circolazione ad arte, da chi voleva frenare il progresso (sempre esistiti), ed essendo l’Indio diffidente per natura, i bandi di concorso rimanevano deserti . Si mormorava che quel continuo salire e scendere dal cielo, rivoltava le ovaie, rendendo quelle poverette sterili, ma quel che era peggio, frigide . Ora spaventato da questa ultima deleteria conseguenza, ci mettevo tutta la mia foga per dissuaderle dalla nociva professione . A proposito degli effetti delle dicerie dannose, ricordo come a catechismo Don Purezza, alla vista della mia evidente spossatezza, mi richiamava alla memoria il rischio di cecità, come minimo, se più misurato, la sordità . Parenti, amici o semplici curiosi restavano in attesa, dietro l’Aereo, un po’ più lontani . Contatto, via, quello di destra per primo, con manifesta poca voglia, un paio di schiarite di gola, partito, in mezzo ad una nuvola di fumo, il sinistro con la collaborazione aggiuntiva della Dinamo del DX (il Kerk dei nonni), partiva gagliardo al primo giro . La tensione si tagliava con il coltello, direbbe un giallista, rullava giù, lontano lontano in testa alla 85, l’Aliseo benefico soffiava contrario verso Ovest, via, quasi a tutto motore, pari, avanzava con più fragore che velocità, poi senza fretta prendeva vita, la coda misteriosamente si alzava orizzontale, per buona sorte non oltre, pigramente anche le ruote anteriori si alleggerivano con sollievo, piano molto piano, si elevava sempre parallelo al terreno, come attirato da una forza verticale misteriosa, si allontanava rettilineo elevandosi sempre orizzontale, grande virata a U, ripassava sopra di noi, e via verso Caracas.
I presenti a quella vista applaudivano al prodigio, oggi applaudono quando “tocca”. Il miracolo si era compiuto, alla faccia delle leggi sulla velocità, portanza, deportanza, alla sera avrebbero raccontato ai nipoti, i quali una volta adulti, con pennello grande e vernice indelebile, avrebbero imbrattato a vista, tutti gli archi dei ponti delle strade ed autostrade, a rischio della vita, “DIO ESISTE”. Ecco perché salutai con letizia l’arrivo del fratello Sultan, si rullava diritti, poi a tutta birra un’impennata verso il cielo, come se sulla pista si fosse materializzata una Gazzella della Guardia di Finanza . Eravamo nel 1957 e Sultan mi disse : ” Ho due inviti per sabato prossimo, della Sud Aviation, presentano un aereo nuovo a Maiquetia partiamo la mattina presto, ma lasciamo il Bonanza alla Carlotta”. Caracas era messa un po’ come tutte le Capitali, un aeroporto vecchio, “La Carlotta”, a questo punto finito quasi in centro città, suo malgrado, quello più nuovo ed internazionale, più lontano e disagiato da raggiungere, in questo caso “Maiquetia” giù in riva al mare . Caracas è a c/a 1100 mt slm .
IMPERIAL NEWPORT 1955 Sultan aveva nell’hangar de La Carlotta un posto fisso per il Bonanza più un box dove teneva, la più elegante Fifties sul mercato, senza tanti se o  ma, era una splendida Imperial Newport del 1955, due porte, senza montanti, il motore aveva qualche CV in meno della mitica e mia preferita Chrysler 300, ma era di una eleganza ineguagliabile, un nero non nero, sembrava fumo di Londra annerito quasi opaco, trasparente, e Hardtop un bianco cremina iceberg, molto particolare. Per me il massimo dell’eleganza di tutta la produzione dei Fifties. Gli invidiosi storcevano il naso per quei due fanalini di posizione in coda, che dicevano sembravano montati all’ultimo momento, quando uscivi dall’autosalone . Gente rozza, senza eleganza e speranze . Ma torniamo agli aerei, cosi chiudiamo il capitolo. Il sabato giù a Maiquetia, trovammo riservata la sala presidenziale, credo che il Benemerito non era ancora stato defenestrato, tutto di una eleganza inimmaginabile, qui lo zampino della Ns. Madre Patria era evidente . Per me l’incontro si trasformò in una specie di rimpatriata, ricordate i tempi del posteggiatore, i potenti erano quasi tutti presenti, compreso il carissimo Don Pedro, che era grande amico di Sultan.
Veniamo al dunque, la Sud Aviation presentava alle autorità politiche e finanziarie e non, il primo aereo a reazione passeggeri del mondo, il “Caravelle”, una macchina da medio raggio, credo non oltre duemila km di autonomia, se ricordo velocità di crociera circa 800 Kmh. Avrebbero effettuato due giri di prova, di quasi due ore ciascuno, a noi toccò il primo turno, cosa raccontare ? . Ho appena raffreddato la tastiera con la storia del DC3-Dakota . Incredibile, tutti a bordo, accensione, rullata, pista 95 . Un urlo terrificante, motori a fondo per 10 secondi, che palpitazione, molla i freni, un guizzo in avanti brutale, e su in verticale pura, su su su, dissi a Sultan, ”qui termineremo per cabrare”. Il kamikaze alla radio ci informò con leggero accento Degolliano : ”tra poco saremo a 28000 piedi, poi per Est verso Trinidad, sulla verticale di Tobago virata e rotta su verticale Grenada, scenderemo a 10000 piedi, e voleremo a vista sopra Testigo, Margherita, per Nord, La Tortuga, in verticale La Orcilla, virata per Sud, con inizio planata su obiettivo finale Maiquetia, buon volo e divertimento vi augura il Cap. .. .. ed equipaggio“. Io continuavo entusiasta a dire ai miei vicini : ”I Francesi sono miei cugini”.
A bordo vi era pure l’Ambasciatore Americano, chissà cosa avrà riferito. Il tardo pomeriggio ci ritrovammo alla villa di Don Pedro, sembrava un raduno di Alpini, Champagne millesimato a iosa, fu necessario dormire da lui, ci avrebbero sicuramente arrestato al presentare il piano di volo per il rientro . Nel 1958 la Boeing rispose alla sfida con il degno erede del Dakota, l’intramontabile e mitico 707 . Gli Inglesi, piccati sul vivo dai mangiatori di rane, misero sul piatto l’elegante quadrigetto Comet, della De Havilland, quello con i RR integrati alle ali vicino la fusoliera, era bello, ma non ebbe il successo che ci si aspettava . Se non sbaglio sul monte Bianco giacciono ancora alcuni resti sparsi. Eravamo partiti con gli aerei con la coda che strisciava per terra, e finito la sfavillante decade 50 con la più grande rivoluzione aeronautica mai avvenuta, dopo lo stentato ed eroico inizio .
OLDSMOBILE 98 1948
Ma terminiamo con Sultan che in fatto di automobili, non si lasciava  mancare niente . Quando lo conobbi guidava una Oldsmobile 98 del 1952 quelle con la coda filante, e il frontalino avvitato sopra il parabrezza, da benzinaio della Texas Oil, forse allora ???, ma con il senno di poi un po’ bruttina, dotata (novità per me) dello OLDSMOBILE 98 COUPE II 1954specchietto retrovisore con integrato davanti il faro orientabile dall’interno, cerca nipote tra i cespugli, quando rientrava in vacanza dal College . Prese provvedimenti, operò un veloce passaggio su una più elegante, sempre Olsmobile ma del  1954, due porte senza montante, blu abisso marino e bianca, veramente bella ed MERCEDES 190 W121equilibrata, sulla quale già si intravedevano i tratti essenziali della prossima bomba Chevrolet del 1955. L’anno dopo fece spesa per tutta la famiglia, sedette la moglie mulatta Ora, su un’ orribile Mercedes berlina 190 Diesel  (nella patria della benzina) quattro porte, nera come i tristi Taxi di Vienna, appena abbandonata dalla ancor più triste armata Rossa . La moglie Ora era una donna molto Charmante, molto ammirata e desiderata, forse per quello la sistemò dentro quella orrenda specie di cintura di castità teutonica . (Purtroppo era assurta al ruolo di cognata ereditata) . Lui invece si concesse sempre un Mercedes190, ma questa volta con la sigla finale SL . Un anno dopo iniziò a gironzolare da me in ufficio, esaminava con curiosità la pompa e gli iniettori del nostro sistema di iniezione diretta, nella camera di MERCEDES 300SL 1956 - ALI DI GABBIANO scoppio, di serie sul 300 SL ali di gabbiano e roadster . Il sistema funzionava perfettamente, ma causa la cattiva qualità delle benzine dell’epoca e del luogo, abbiamo avuto non pochi problemi, migliorammo con l’aggiunta di un additivo specifico dell’ Americana STP. Però a soffrire sempre fu il sistema iniezione, causa anche dell’uso saltuario che faceva il cliente dell’automobile . Noi fungevamo da unico deposito centralizzato per tutto il Caribe e repubbliche Centro Americane, Mexico escluso, di tutte le parti elettriche ed iniezione della produzione Mercedes Benz e VW-Porsche, Magirus-Deutz etc. soprattutto Diesel per mezzi pesanti, per ora solo quelli a filettatura m/m (Europei) , niente roba USA e GB . Lentamente ed a forza di fusioni (Lucas, Spica, Marelli ect.) ci saremmo arrivati anche noi, alla grande, diffondendo in tutto il paese officine specializzate, mano a mano rientravano i meccanici specializzati locali, dopo uno “Stage” di apprendistato della durata di un anno a Stoccarda, creare questa rete era il mio lavoro, ma solo il commerciale, il tecnologico era avviato di volta in volta da Tecnici in soggiorno temporaneo . Quando conobbe il prezzo  pompa ed Iniettori, si ribellò, andò ad  ordinare per vie traverse, una bellissima BMW coupé V8 Modello 507, BMW 507 COUPE HARDTOPdisegnata da un nobile Tedesco-Americano di molto buon gusto, e quello che mi sbalordì, riuscì a farsela consegnare, ed importarla . Vigliaccamente, facendoli vedere una vignetta della rivista MAD, nella quale si vedeva uno scontro frontale tra due BMW 250 Isetta, BMW 600 LIMOUSINEcon i pompieri che armeggiavano con apriscatole, e sullo sfondo l’evoluzione della specie, una  BMW 600 Isetta Limousine, dotata di una via di fuga, grazie all’aggiunta sul lato destro di una porta supplementare posteriore, gli chiesi se per caso il 507 fosse l’evoluzione Coupé ? Non gradì assolutamente . Ne erano state prodotte poche, ne comprò una anche Presley, l’altro giorno cercando ricordi tra le mie foto, ne apparvero tre, con il giovane Edmondo, Sultan e suo figlio piccolo, di cui sono padrino. La prima ed unica volta che in automobile, nella salina vicino casa, superai io al volante, i 200 kmh, anno 1957 . Forse le ruote non erano perfettamente equilibrate, anche il fondo della salina non era uniforme (colpa quelli delle Hot-Road), certo che tenere in mano il volante era terrificante . Non confessai mai a Sultan la stupida prodezza . Per finire, un cenno biografico su Sultan, figlio unico come detto, di una coppia di Ebrei, con negozio di articoli di cuoio, che all’età di 16 anni entrò come fattorino alla Banca .. di Caracas . A 35 anni era Vice Direttore Generale . Possedeva il 28 % di detta Banca, a 38 anni era il Direttore Generale per L’Oriente del Venezuela . Immaginate l’immensa quantità di $ , soltanto con le transazioni delle Comp. Petrolifere vs. Governo Nazionale, che transitavano, tra il primo esportatore (allora) di Petrolio dal Sud America a USA . Giocando con solo i giorni di “Valuta”, ti potevi arricchire a dismisura . Però non vi terrorizzo raccontandovi i mostruosi ritmi di lavoro, stress ed insonnia a cui era sottoposto, non era umano . Da quando posizionò la sua Barca a Vela vicino casa mia, al lato della “Stella” , sovente arrivava verso le 16 del pomeriggio di sabato, nascondeva la sua macchina nel mio giardino, nuotava alla Barca, dormiva anche venti ore di seguito, senza mangiare . Io al confronto ero in vacanza . Passiamo ad altro. (continua)”.

[Seconda Parte]                                                                  [Quarta Parte]

Recensione inviata da Edmondo Meneghetti di Belluno

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4 Commenti

Anonimo ha detto...

spettacoloooooooooooooo

mezzotoscano ha detto...

Riguardo al DC 3 ricordo l'agghiacciante resoconto fattomi da un amico sul suo decollo (negli anni 60) da Katmandu a bordo di tale mezzo.
La capitale nepalese, mi disse, si trova in una valle profonda e circondata da altissime montagne (dato geografico inoppugnabile), l'aeroporto era quello che era, i sedili originali erano stati sostituiti con panchette in legno e gli occupanti erano in prevalenza indigeni carichi di polli, capre, sacchi di patate e altri generi acquistati o da vendere chissà dove; il pilota era un gigante con un paio di baffoni alla mongola e indosso una palandrana di cuoio nero e una cuffia da "driver" stile Tazio Nuvolari alla Mille Miglia.
Per andare in quota il Dc 3 seguiva una traiettoria elicoidale, un po' - tanto per capirci - come fanno i trenini rossi delle Ferrovie Retiche che percorrono la linea dell'Albula Pass e superano i dislivelli percorrendo lunghi tunnel e viadotti elicoidali.
Inutile dire che tale rotta sfiorava mooolto da vicino preoccupanti pareti e ghiacciai himalaiani.
L'amico non si soffermò su eventuali effetti intestinali indotti dall'avventura ma
francamente trovai il suo resoconto un po' fantasioso.
Però adesso, leggendo quanto dice il nostro bravissimo Ed sull'apparecchio in questione, credo che non le abbia sparate poi tanto grosse.
Voi che ne dite?

Anonimo ha detto...

Bel racconto.
Bellissimo.
Grazie E. Meneghetti.
Luca

portaleazzurro ha detto...

Racconto coinvolgente di un'epoca "eroica":
non c'era bisogno di spararle grosse, ogni viaggio in aereo era certamente una scommessa...

Ma oggi, viaggiando in aerei super veloci, a quote stratosferiche, in poltrone a quattro piazze, aggeggiando con internet e grandi schermi, annoiati da quello che ci offre il finestrino, possiamo mai dire di aver vissuto la pienezza di una vera avventura ?

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