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Non è necessario aspettare Halloween per vedere in giro delle zucche vuote... e delle AUTOdiMERDA!
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RENAULT GRAND SCENIC III

TRANSFORMERSNel maggio del 2009 sono stati lanciati contemporaneamente la terza generazione della Grand Scénic e due boomerang di sola andata che si sono interposti perfettamente al posto dei fanali posteriori, anche se più di qualcuno avrebbe preferito che si fossero schiantati contro il lunotto, frantumandolo. Il muso si presenta più pronunciato rispetto alla seconda serie, quasi a voler identificare la vettura come una grossa station wagon 2 volumi, ma l’asso di quadri incastonato sul cofano non tradisce le aspettative e offre l’opportunità di scartare l’ennesimo due di picche collezionato dal Casinò Renault. Per quanto riguarda le motorizzazioni c’è una vasta schiera di modelli a gasolio, GPL e bioetanolo, nonostante sia sicuramente da preferirla con la tradizionale benzina: due taniche da 10 Lt. e un fiammifero dovrebbero bastare.

RENAULT GRAND SCENIC II

RENAULT GRAND SCENIC III 

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GOLIATH

GOLIATH

GERMANIA La bibbia narra che Goliath fu l’auto rubata da David durante una rissa in Germania, dopo averla aperta sfondando un finestrino con la sua fionda caricata a Morositas. Della vettura non si ebbero più notizie, ma la leggenda vuole che David una volta tornato in Israele, la diede in dono agli ebrei che la demolirono a sprangate in nome della loro storica amicizia col popolo tedesco. Goliath infatti fu una marca di autoimmobili, treppiedi e furgoncini di Brema (Germania), attiva dal 1928 al 1959 e facente parte del gruppo BorgwardLa Borgward è  stata una fabbrica tedesca di automobili, fondata nel 1929 da Carl Borgward a Brema. Il 1949 fu l'anno della costituzione del gruppo Borgward che comprendeva i seguenti marchi: Borgward, Hansa, Goliath (veicoli commerciali leggeri), Lloyd (utilitarie). Nel 1961 la Borgward finì in bancarotta.. In quegli anni in Germania, i veicoli con meno di quattro ruote e una cilindrata inferiore a 350 cc. potevano essere guidati senza patente ed essere esentati da tassazione, ecco perché l’idea, fondamentalmente buona di creare un mezzo che rientrasse in questi parametri, balenò nella mente bacata del filisteo Carl BorgwardCarl Borgward (1890 - 1963)  è stato un ingegnere e progettista tedesco, patriarca del gruppo Borgward e poco incline a ricevere consigli. Nel '61 divenne uno dei fallimenti più spettacolari nella storia della Germania, ma anni dopo si scoprì invece, che tutti i debiti della società erano stati saldati., ideatore oltre che della Goliath alla liquirizia anche dei Chupa Chups al carbon fossile, il quale  non si lasciò sfuggire l’occasione GOLIATH PIONIERper realizzare nel 1931 la sua prima auto-iattura. Era il Goliath Pionier  (Pioniere), un corvo del malaugurio a tre ruote con motore monocilindrico posteriore (sfigato pure lui) da 198 cc. 5 cv., cambio a tre marce e 50 Km/h di punta. Il corpo, in legno, era rivestito da pelle sintetica e poggiava su di un telaio di profili a “U” montati esclusivamente le notti di luna piena, quando i profili erano più propensi a fare “aUUuuHh!” (ok... questa me la potevo risparmiare). Fino al 1934 furono venduti ben 4.000 uccelli del malaugurio ed altrettanti corni scaccia sfiga. Purtroppo neanche 1.944 bombardieri statunitensi riuscirono a fermare i progetti di Borgward, nonostante avessero rasato al suolo la fabbrica di Brema che dopo il conflitto fu rapidamente ricostruita. Iniziarono così le indecenti proposte commerciali dei mezzi da fatica, dove la fatica principale consisteva GOLIATH DREIRAD GD750proprio nel guidarli. Il treruote trasportatore DG750 (750 kg. di carico  utile) da 396 cc. e 13 cv. ideato per le piccole ditte di pulizia, divenne un successo, soprattutto per via del suo copri-forcellone aspirapolvere anteriore. Oltre a pulmini basculanti e camionette sussultorie, GOLIATH GP700ci fu la possibilità di acquistare anche delle tramortite berline gommose con quarta  ruota di serie come la Goliath GP700, il confetto più longevo della famiglia in formato sedan, convertibile e kombi (1950-1957), con motore trasversale bicilindrico da 688cc. e 25cv. raffreddato ad alito, freni idraulici e ammortizzatori telescopici. Ci furono poi a seguire le versioni con una sferzata di freschezza maggiore da 886 cc. (Goliath GP900) e 1093 cc. (Goliath 1100). Presentata nel marzo del 1950 al Motor Show di Ginevra, la GP700 presentava soluzioni innovative e coraggiose rispetto alle sue concorrenti, ad esempio le portelle erano pienamente integrate nella carrozzeria e l’abitacolo dosava lo spazio per tutta la larghezza utile della vettura garantendo per gli occupanti, il benessere delle vie respiratorie. Quasi in concomitanza all’apparizione della berlina, ci fu la sputazza di una cicca sportiva, la  700E GP Sport Coupé prodotta GOLIATH GP700 SPORTtra il 1951 e il 1952, di cui ne furono costruiti solo pochi  esemplari ad un drammatico prezzo (da pianto) di quasi 10.000 Marchi dell’epoca. C’è da precisare però, che questo lancio fu fatto più che altro per meri scopi pubblicitari legati al marchio Goliath anche se, personalmente preferivo lo spot delle Activ Plus senza zucchero: almeno lì, c’era da ridere.


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ANNUNCI DI MERDA: $ 1.000 (€ 700)
”Vendo Goliath Kombi wagon del 1959, veicolo molto raro. Facile da restaurare, basta una confezione di chewingum per attaccarne i pezzi. Non esitare a fare un’offerta, l’asta sta per scadere. Accetto aumenti di prezzo anche in fagioli balsamici: l’alito del culo non è da sottovalutare!”


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RASTROJERO



RASTROJERO

ARGENTINA Per molti italiani l’Argentina è il Paese del buon calcio e del “Pibe de Oro” Maradona, della Pampa e della Patagonia, delle ottime carni bovine e delle altrettanto gustose carni di Belén Rodríguez; pochi fortunatamente assocerebbero invece l’Argentina alla Rastrojero, anche perché quei pochi sono già sotto osservazione presso dei centri psichiatrici. Tutto ebbe inizio nei primi anni ‘50 quando l’allora presidente Juan Domingo Perón, icona della vita politica argentina nonché fondatore del Peronismo, ideologia basata sulla giustizia sociale, sulla tutela della classe operaia, sull’ indipendenza economica del Paese e sulla promozione della birra Peroni, firmò il decreto per la creazione di una industria automobilistica nazionale rendendo possibile l’ ampliamento e l’adattamento del vecchio Instituto Aerotécnico con dei capitali finanziati da Banche private su cui lo Stato faceva da garante: un po’ il concetto inverso che viene applicato in Italia, dove la Fiat viene sovvenzionata direttamente dallo Stato, tramite i capitali dei privati cittadini in forma di tasse e con a garante il pusher di Lapo Elkann. Nacque così la “Industrias Aeronáuticas y Mecánicas del Estado” (IAME) nel 1951 (dal 1956 Industrias Mecánicas del Estado IME) dopo che il presidente Peron aveva cercato invano di creare delle collaborazioni con importanti Case automobilistiche straniere per stimolare la produzione di autovetture nel proprio Paese. La sua proposta fu respinta dal comitato estero che considerava l'Argentina incapace tecnicamente e qualitativamente di affrontare il compito nonostante Peron avesse assicurato i membri di aver letto tutti i numeri di “Quattroruote”. Le licenze acquisite dalla DKWJUSTICIALISTA tedesca servirono come base per le prime Justicialista, prontamente  giustiziate. Nello stesso periodo (1952) iniziarono i progetti per la realizzazione di un piccolo porcile vagante con motori a nafta rubati dai trattori e ferraglie avanzate dalla guerra: era proprio lui, il Rastrojero, un nome azzeccatissimo che tradotto indica le RASTROJEROstoppie, i residui di scarto delle colture che vanno poi bruciati. Le carrozzerie  proposte spaziavano dal pratico pick-up da carico bestiame al mono e doppio cabinato piastrellato con comodo vaso in ceramica. Tuttavia fu’ dal 1974 che, con la seconda RASTROJERO DOBLE CABINAgenerazione della “Rastronzata” venne introdotto il delirante tre volumi  sedan disegnato dal maestro di Tango argentino Raúl Gómez: una berlina 4 porte studiata per essere usata come Taxi e derivata dal modello doppia cabina ma con la coda modificata a bauletto penzolante più piccoli e gommosi fanalini adesivi posteriori. RASTROJERO CONOSURDenominata Rastrojero Conosur,  aveva un motore diesel 4 cilindri Indenor 1946 cc. da 60 cv che avrebbe dovuto spostare una massa a vuoto di 1.200 Kg. , la trazione era posteriore e assistita saltuariamente da un forzuto gaucho di passaggio, il cambio a 4 marce, un radiatore da 10 litri di mate e gli interni in poncho.  Le sospensioni anteriori erano a parallelogramma deformabile con barre di torsione già storte alla nascita, quelle posteriori ad assale rigido economico, testato per piacevoli escursioni off-road non programmate sugli avvallamenti stradali. La produzione del Rastrojero Conosur si concluse il 22 maggio 1979 parallelamente a quella degli altri modelli in seguito ad un colpo di Stato e a dei conflitti sociali sempre più aspri. Al giorno d’oggi, vista l’appagante estetica della vettura, molti suoi proprietari hanno pensato bene di restaurare il mezzo convertendolo da Taxi pubblico a gabinetto pubblico a pagamento, sostituendo il tradizionale tassametro con l’originale “tazzametro”. Del resto, come ci insegna la Rastrojero, anche le cagate hanno un costo.


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ANNUNCI DI MERDA:              ARS 16.000 (€ 2.900)
”Vendo Rastrojero Doppia Cabina più cassone porta rifiuti posteriore, anno 1975. Colore Rosso terra del fuoco (il fuoco è in omaggio all’avvio). Pochi esemplari si sono riprodotti, questo è il segreto della Castrojero..”


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DACIA SOLENZA

dacia solenza

ROMANIAL’insolenza della Dacia Solenza non ha limiti! Crede di poter scorrazzare liberamente nelle strade senza un minimo di decenza. Solita colpevole di questa flatulenza una nostra vecchia conoscenza, la rumena Dacia, che grazie alla sua storica esperienza ha reso possibile questa ennesima pestilenza. Prodotta per sopperire all’ esigenza di riempire i cateteri tra la DACIA SUPERNOVApartenza della SuperNova e l’arrivo dell’altra superpotenza Logan fu  commercializzata per soli due anni (2003-2005): pazienza.  La Solenza fu offerta all’utenza in 6 allestimenti di tendenza: Europa, Confort, Rapsodie, Clima, Scala e Malpensa, anche se quest’ultima stranamente non riuscì mai veramente a decollare. La Scala, versione di maggiore consistenza ma con minore convenienza, era dotata di accessori che facevano la differenza, mai visti prima su di una Dacia: servosterzo, aria condizionata, cerchi in alluminio, lettore CD... insomma una dotazione di fantascienza, peccato che si fosse già entrati con veemenza, nel nuovo millennio.

Meglio un’influenza

Lo slogan pubblicitario fu: “Dacia Solenza, impossibile starne senza” e pronta fu anche la risposta della gente “Dacia Solenza? Meglio un’influenza”. Apprezzata maggiormente dai tassisti con un passato di tossicodipendenza, non ebbe invece una grande accoglienza da parte del resto della malvivenza nonostante la presenza di un motore di provenienza Renault, a benza 1,4 lt. e diesel 1,9 lt. con una potenza media di 70 cv. e una velocità massima di percorrenza di 160 km/h se in efficienza e senza dare la precedenza.
Scarsi gli avvistamenti di una Solenza in Italia, per qualche strana coincidenza solo a Vicenza, Piacenza e Cosenza con repellenza quasi simile in ogni residenza e un unico grido comune alla sua presenza: VIULENZAAAAAAAAA! L’apoteosi della schifezz’, by il Ras della Fossa.Il Ras della Fossa  è un personaggio di fantasia protagonista del film 'Eccezzziunale... veramente' del 1982, diretto da Carlo Vanzina ed interpretato da Diego Abatantuono. La pellicola racconta la vita "calcistica" di tre tifosi: il milanista Donato (il Ras), l'interista Franco e lo juventino Tirzan.


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ANNUNCI DI MERDA: € 2.350
”Vendo Dacia Solenza del 2003 con 50.000 km utilizzata principalmente su strade in pendenza, aria condizionata e chiusura centralizzata con telecomando universale, va bene anche per il digitale terrestre e il televideo. Penza con intelligenza: Dacia Solenza!”


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SMZ SZD INVALIDKA

invalidka

RUSSIA La Serpukhovskiy Moto Zavod (SMZ) fu un centro d’ingegneria aerobica fondato il 7 luglio 1939 a Serpukhov, un piccolo villaggio a 100 km a sud di Mosca, specializzato nella produzione di motocyclette e tapis roulant. L’azienda nacque nel migliore degli auspici, infatti dopo due mesi scoppiò la seconda guerra mondiale e così, dopo le prime piogge al tritolo, i dirigenti intuirono che forse era meglio raccogliere i ferri e spostarsi più ad est, e così fecero. Solo alla fine del conflitto si decise di ritornare a Serpukhov, o perlomeno in quello che ne restava dopo i bombardamenti, per ricostruirvi un nuovo centro di sviluppo e ricerca, ma la prima cosa da ricercare fu proprio Serpukhov. I postumi della guerra si ripercossero negativamente non solo sulle cose, ma ahimè anche sulle persone sopravvissute ed alcune di queste ne riportarono i segni a vita. Qui intervenne la SMZ che giusto per infierire sugli invalidi di guerra e civili, creò per essi delle piccole e terrorizzanti   vetture, ancora più invalide degli stessi SMZ SZAproprietari. La prima nata fu la convertibile SZA (1958-1970), motore monocilindrico a due tempi IZH da 350 cc., 425 Kg. di peso, 55 Km/h di velocità massima, 4 ruotine masticabili e una lucina rossa da cimitero posteriore: la veglia ebbe inizio.  La SZD, comunemente conosciuta in Russia con il gentile appellativo di “Invalidka”, ovviamente riferito alla macchina e non alla clientela a cui era indirizzata, fu la degna successore della SZA con un design più accattivante e con uno stile più moderno. Notevole infatti la cura nei particolari mozzafiato da blocchetto in calcestruzzo smussato rivestito con fogli di ghisa ed eucaliptolo. In 2,6 metri di lunghezza e 450 Kg. di peso trovava posto un motore IZH Izh Auto  è un ramo del gruppo industriale russo Izhmash con sede a Izhevsk, produttore anche di motocicli e armi. Attualmente la Izh, Izhevsky mekhanichesky Zavod ovvero Fabbrica meccanica di Izhevsk, produce un modello della KIA e due modelli Lada.da  18 cv raffreddato ad aria che emetteva un grazioso scricchiolio sfonda-timpani d’accompagnamento, in modo da allietare ancora di più le liete escursioni col mezzo. Tutti i comandi, acceleratore, freni, frizione, cambio, corno da scongiura, erano posizionati intorno al volante rendendo sgombro lo spazio davanti al conducente vista la totale assenza di pedali. Le SZD potevano essere assegnate alle categorie di disabili anche gratuitamente o sotto parziale pagamento dell’importo d’acquisto a seconda della percentuale d’invalidità riconosciuta, percentuale che volendo poteva essere anche ampiamente aumentata dopo qualche guida iniziale. Fortunatamente anche le riparazioni e la manutenzione del mezzo erano gratuite, inoltre dopo 5 anni, se ancora vivo, il proprietario ne poteva chiedere la sostituzione con una nuova: per la serie “errare è umano, ma perseverare è diabolico”. Le SZD “Invalidka” continuarono ad essere in produzione addirittura fino all’autunno del 1997, sempre con la loro carica  di simpatia funerea, fino a SEAZ OKA 11116quando la vecchia impresa della SMZ non si tramutò nel ‘95 nell’attuale SeAZ (Serpukhovsky Avtomobilny Zavod) che produce oggigiorno la piccola ex-Lada OKA (Lada-Vaz 1111): la mini-utilitaria russa che per dare un segno di continuità  alla storia della SMZ è rimasta simpatica fuori, ma handicappata dentro.


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ANNUNCI DI MERDA: UAH 1.400 (€ 130)
”Vendo SZD Invalidka (Motokolyaska FDD) anno 1989 con 50.000km, colore neutro. Utilizzata per poco tempo solo prima che mi scoprisse il governo come finto invalido per percepire la pensione. Regalo finta protesi autografata con cui mi ha bastonato un vero invalido! Ohi Ohi che dolor...”


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FIAT ARGENTA

fiat argenta

ITALIA La Fiat Argenta fu una berlina metallica monovalente molto duttile e malleabile nelle collisioni ad alta velocità, nonché ottima conduttrice termica in caso di esplosione. Prodotta dalle miniere FIAT dal 1981 al 1985 è stato l'ultimo fossile di gran classe a trazione posteriore estratto dalla Casa torinese. Alla fine degli anni '70, l'invecchiamento della "132" (lanciata nel FIAT 132 1972) poneva il problema alla Fiat di studiarne un'erede, ma siccome le risorse finanziarie erano concentrate altrove non c'era la possibilità di studiare una vettura di segmento medio-superiore completamente nuova. Si optò così per un restyling della "132", di cui venne conservata la struttura base (pianale, abitacolo e sfiga), ridisegnando parzialmente il frontale e la coda (entrambi più alti e squadrati) e dandole un nuovo nome in modo da farla apparire come un nuovo ed inedito modello. Le differenze estetiche riguardavano principalmente i gruppi ottici rettangolari, i massicci paraurti e fascioni laterali in amianto, gli spessi profili lucidi e le abbondanti cornici cromate al tungsteno, per complessive 12 tonnellate  e mezzo. Anche gli interni vennero completamente rifatti in anticorodal, con un rivestimento dei sedili di un certo tono e spessore culturale. Integralmente ripresa dalla "132", invece, l'ormai datata meccanica a trazione posteriore abbinata al motore situato in posizione anteriore e retrotreno ad assale rigido. All'esordio l’orrenda ammiraglia, denominata non a caso "Argenta" in omaggio al noto regista horror Dario Argento,  era disponibile nelle versioni "1600" con partenza a spinta, "2000 i.e." ad alto impatto ambientale (soprattutto quando prendeva le curve molto larghe) e "2500 Diesel" ad emissione tossica, riconoscibile dagli altri modelli della gamma per il rigonfiamento sul cofano motore anteriore e sul polmone del conducente. In Italia venne accolta tiepidamente, all’estero non fu cagata proprio, nonostante la ricca dotazione di accessori (servosterzo e check panel con il gioco di Pac-Man di serie); ciò fu dovuto al fatto che risultava superata in partenza (ma anche all’arrivo), ed era afflitta da un aspetto non entusiasmante, inoltre l’Argenta aveva una tenuta di strada sul bagnato pari a quella di una pattinatrice sul ghiaccio con le pantofole e da prestazioni, come suggeriva anche il nome, poco brillanti a fronte di consumi sostenuti. Anche il restyling del restyling, nel 1983 non riuscì a migliorare la situazione e così, senza rimpianti, l’argenteria fu data in blocco al monte dei pegni senza averne effettuato neanche il riscatto negli anni a venire. Celebre resterà solo la sentita dedica della pop-star Madonna negli anni ‘90 alla Fiat nell’interpretazione del brano “Don't Cry for Me, Argenta” o perlomeno questo è quello che mi ha detto il fruttarolo sotto casa.


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ANNUNCI DI MERDA: € 550
”Vendo Fiat Argenta piombata (da alcuni colpi di fucile) anno 1984 con chiusura centralizzata ma riscaldamento autonomo. Bombola del gas e bombola antiincendio revisionati entrambi nel 2009, interni ignifughi in anticorodal..”



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LLOYD



LLOYD AUTO

GERMANIA Le Lloyd erano delle macchine sedentarie con la cellulite sui fianchi e un gran culone. Il loro nome non va confuso con gli omonimi Lloyd’s di Londra, mercato assicurativo internazionale di stampo mafioso, né tantomeno con il britannico Lloyd Cars Ltd., produttore di due soli modelli di auto a cavallo.. a cavallo del secondo conflitto bellico, ma soprattutto non va confuso come produttore di automobili. La fabbrica fu fondata a Brema nel 1908 per la produzione su licenza della Kriéger, un’auto elettrica pulita, non inquinante e silenziosa, ma siccome il pianeta non era ancora agonizzante dall’inquinamento industriale ci si poteva ancora divertire a devastarlo, così l’anno dopo partirono i motori 8 cilindri a benzina da 4.600 cc. Solo nel 1950 però, sotto il gruppo Borgward, la Lloyd avvio   l’assemblaggio con il proprio marchio di splendidi catorci satirici. Era il LLOYD LP 3001950 e il primo modello, Lloyd 300, fu assemblato, cucito e stirato alla perfezione. Il corpo vettura era un mosaico ornamentale composto da pezzi di compensato, stracci e piume di gallina incollati tra loro e che veniva soventemente rattoppato dagli stessi proprietari tramite l’adesivo per uso tipicamente farmaceutico “Leukoplast”, motivo per cui la vettura fu soprannominata "Leukoplastbomber", raggiungendo il massimo della popolarità grazie ad un famoso versetto dell’ epoca che tradotto recitava: "Colui che non ha paura della morte, Guida una Lloyd". Genericamente le automobili a basso costo sono state una caratteristica predominante del periodo post-bellico soprattutto in Germania, laddove il concetto del “superuomo” era stato diffuso e messo in pratica con l’unico imprevisto di non aver calcolato anche le proporzionate “supercagate del superuomo” che si amalgamarono in tutto il territorio; non a caso proprio la Germania ne offrì un’ampia scelta. Affianco alla Lloyd 300, disponibile anche in prelibate versioni coupé, van e wagon, fu offerta una variante depotenziata a 250 cc. per favorire i possessori di vecchie patenti di guida che oltre tale soglia avrebbero dovuto effettuare un nuovo esame. Con una potenza di soli 11 cv bisognava risparmiare sul peso, quindi via sedili posteriori, paraurti, ruote, motore.. via tutto;  all’acquirente veniva data una foto della macchina e un biglietto del tram.  LLOYD ARABELLALe Lloyd LP, questa la sigla che indicava i primi modelli berlina anche con motori da 400cc. e 600cc., vendettero abbastanza bene ottenendo il disco di platino, un po’ meno il modello sviluppato dal 1959 chiamato Arabella che, nonostante un LLOYD ROLANDduetto insieme ad Arisa, non riuscì a vendere manco delle copie pirata. Dopo quasi 400.000 veicoli costruiti fino al 1961 e una medusa monoposto da  300cc. e 300 kg. chiamata Roland, si concluse l’avventura della Lloyd: le auto con il nome di un’assicurazione, ma che nessuno avrebbe mai voluto assicurare.


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ANNUNCI DI MERDA:                      $ 1.200 (€ 850)
”Vendo Lloyd Alexander TS del 1959, bicolore celeste/ruggine, abbastanza inguaiata. Il motore è saltato in aria ed è attualmente in orbita mentre i fanali si sono presi una vacanza. Le ruote sono sulla terraferma, molto a terra e molto ferme.”


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VW TRANSPORTER T1 ..by L. De Dionigi

TRANSPORTER T1
LE VOSTRE RECENSIONI “Negli anni 70 il mio amico E. (con cui mi vedo ancora occasionalmente), ragioniere diplomato, stufo di lavoretti del piffero e sottopagati, decise di mettersi in proprio. Assieme al cugino avviò una piccola impresa di pulizie e manutenzioni che costituì per lui il trampolino di lancio verso una non disprezzabile carriera tuttora in corso. Il parco macchine aziendale era costituito dalla sua rugginosa R4 e dalla terrificante Peugeot 404 del cugino, entrambe meritevoli d’onorata sepoltura e comunque insufficienti a trasportare le attrezzature; d’altronde il capitale iniziale non era molto consistente.
Ma a ogni problema c’è soluzione, basta cercarla, per cui, non so bene né come né dove, i due spericolati compari riuscirono a scovare un VW Transporter T1, con 400.000 km sul groppone, d’età indefinibile, e a portarlo via per una pipata di tabacco. Il mezzo, sebbene in stato preagonico, faceva molto fico: va infatti detto che i furgoni VW furono un “must” per hippies e giramondo d’ogni contrada, personaggi anticonformisti, con pochi quattrini in saccoccia, chitarra a tracolla e spirito d’avventura (i quali poi magari crearono roba tipo Microsoft). Ovunque nel mondo il successo del Transporter fu tale che, ancora negli anni 70, il mezzo era molto considerato, soprattutto se scarrupato come quello in questione: infatti all’epoca andava di moda il tipo un po’ balengo, quello che se ne infischia delle convenzioni sociali, della robaccia griffata, dell’“happy hour”, dei “resort” a sei stelle e del SUV tedesco nero lucidato a specchio.
Un dato storico: all’epoca in cui i giovani balenghi andavano per la maggiore il PIL nazionale aumentava del 7/8 % l’anno (roba da Cina d’oggigiorno!), e ciò nonostante l’inflazione a due cifre, i governi che cadevano come pere marce, gli scioperi selvaggi, gli attentati, gli atti terroristici e altre amenità... Viene da pensare che quella generazione di “giovani balenghi” si diede da fare per il nostro povero Paese più di quanto si voglia dar da intendere oggi.
Ma torniamo a noi.
Il T1 in questione, tanto per intenderci, era il modello con il parabrezza sdoppiato in due, cioè la primissima serie; il colore del mezzo potrebbe definirsi come “cacca-di-uno-che-ha-mangiato-due-marmittoni-di-zuppa-di-piselli-secchi”, se non che diffuse strisciate, ammaccature e nidi di ruggine rendevano più suggestivo il look d’assieme.
Nell’estate del 75 avevo l’età di AdM e non sapevo dove cazzo andare, per cui gradii molto la proposta d’aggregarmi fattami dall’amico E. il quale, per sfruttare al massimo le potenzialità del mezzo, aveva messo su un gruppetto d’altri desperados, aveva affittato un appartamento a Mattinata e s’accingeva a partire per la bella località garganica con il T1. A bordo il posto per me c’era, ma vicino a un frigorifero che minacciava di travolgermi a ogni curva. L’elettrodomestico ce lo portammo appresso perché l’appartamento ne era sprovvisto... Altri tempi: a Mattinata l’acqua arrivava un paio d’ore al giorno, mentre stavamo al mare, per cui la padrona di casa ci usava la cortesia di riempire fiasche, taniche, secchi eccetera e fu molto seccata quando, una sera, ci colse sul lastricato solare mentre, in mutande, ci tiravamo a vicenda mestolate d’acqua; “Ma come?” chiese con tono di biasimo “Vi lavate con l’acqua dolce?”
Figurarsi se poteva esserci un frigorifero: quello era un lusso presente in alloggi molto più costosi. Forse a Rodi o a Pugnochiuso, ma a Mattinata, se uno voleva una birrazza fresca, o andava al bar o si portava appresso il frigorifero. Quanto a me, come ultimo arrivato, dovetti adattarmi a dormire su un materassino gonfiabile con la testa sotto il lavello del cucinotto.
Riprendendo il filo del discorso, il motore del T1 era lo stesso del Maggiolino, cioè non precisamente un mostro di potenza. Per consentire al furgone un minimo di ripresa e di spunto in salita la trasmissione era stata modificata aumentando il rapporto finale di riduzione. Se ciò consentiva al mezzo di non bloccarsi a ogni cavalcavia, la velocità massima (di ben 115 km/h sul Maggiolino) risultava ulteriormente penalizzata. Considerata però la tenuta di strada non era poi una grossa limitazione: lungo l’“Adriatica” le raffiche di vento provocavano agghiaccianti scodinzolamenti malamente controllati girando e rigirando disperatamente il volantone orizzontale, per non parlare di quando ci sorpassava un TIR (ovviamente noi, lungo i circa 700 km di percorso, non ne sorpassammo manco uno)... Morale, ci rassegnammo a tenere una velocità di crociera sui 70 km/h, con punte di 75 in assenza di raffiche e con corsie libere su una distanza d’almeno 500 m davanti e dietro.
Un bel momento, stufo di lottare contro il frigorifero, chiesi di mettermi al volante ed E. m’accontentò. Provai così, per la prima volta nella mia vita, l’emozione di pilotare un veicolo industriale, e quando dico emozione non esagero: dopo qualche chilometro, uscendo da un tunnel vicino a Pedaso, una raffica di vento sballottò il veicolo spingendolo fino a pochi centimetri dal guardrail laterale. A quel punto dissi a E. “furgone tuo, cazzi tuoi” e preferii riprendere il mio duello contro il frigorifero.
Il mezzo percorse mediamente 5 km per litro di benzina super e, partiti  alle 6 da Padova, giungemmo sul Gargano alle 22. Colà mi ci volle qualche bicchierozzo di buon rosso locale per allentare la tensione. Se penso che il mio Ducato 2800 TDCI fa 11 km con un litro di gasolio, fila a 150 km/h e pare viaggi sui binari non posso non rilevare i progressi compiuti anche nel campo dei furgoni, però... Però ci fu anche qualche aspetto positivo.
Come detto sopra, i furgoni VW all’epoca erano molto trendy e il bidone che ci portò a Mattinata non passò inosservato; il fatto ci consentì di stringere alcune amicizie non poco... ehm, come dire?... stimolanti.
Ma questa è un’altra storia.”

Recensione inviata da Luciano De Dionigi di Padova

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